Alberi

 

                               CARPINO NERO

Il carpino nero o carpinella (Ostrya carpinifolia) è un albero della famiglia delle Betulacee.

Il carpino nero ha tronco dritto e chioma raccolta e un po' allungata; le sue foglie sono a forma ovale, allungate e con il bordo seghettato; la nervatura principale è molto evidente e infatti si dicono penninervie. I frutti sono acheni a grappolo di colore bianco/verde.

Descrizione

Il Carpino nero, in Italia, si trova nelle fasce medie delle colline in posizioni mediamente soleggiate. La formazione forestale nella quale il Carpino nero risulta nel suo optimum è l'Orno-ostrietum, vale a dire in associazione con l'Orniello (Fraxinus ornus). Tale associazione (di cui l'Orniello e il Carpino sono le specie rappresentative) è tipica della "vegetazione illirica", ben rappresentata in Italia, specie nella zona dei Laghi lombardi, escluso il Garda, dove il Carpino si trova associato alla Roverella (Quercus pubescens) o al Cerro (Quercus cerris). Boschi di carpino nero sono molto diffusi anche nell'Appennino settentrionale e centrale, meno consueti nel Meridione, Sicilia e Sardegna.

Distribuzione

Il carpino nero presenta un areale limitato all'Europa sud-orientale (Italia, Austria, Balcani, Grecia, Anatolia). In Italia è presente nell'area prealpina centro-orientale e nell'area peninsulare (dall'Appennino settentrionale alla Calabria), con presenze sporadiche nelle isole maggiori e nell'isola d'Elba.
In Italia vi sono circa 800.000 ettari di boschi con presenza di Carpino nero; è la specie correlata ai querceti di roverella e di cerro.

Ecologia

È una specie che necessita di un lungo periodo vegetativo. In Italia vegeta fino a 1000-1200 m s.l.m.; negli ambienti collinari peninsulari occupa soprattutto i versanti nord.
Ha esigenze idriche superiori a quelle della roverella, predilige i suoli calcarei e marnosi, teme il ristagno idrico, e non sopporta i terreni troppo argillosi.

Usi

Viene impiegato come pianta ornamentale in parchi e giardini, oltre che per alberature di strade e viali cittadini.

Produce un legno pesante e compatto, di colore rosso-bruno, usato principalmente come combustibile

 

CARPINO BIANCO

 

Il carpino bianco o carpine  (Carpinus betulus L., 1753) è un albero della famiglia delle Betulaceae, diffuso nell'Europa occidentale.

Descrizione

Il carpino bianco è un albero abbastanza longevo (circa 150 anni), di media altezza (15–20 m) con portamento dritto e chioma allungata. La corteccia si presenta sottile, liscia al tatto, di colore grigio, irregolare per il fusto scanalato e costolato.
Le radici sono fascicolate e molto ramificate. Le foglie sono alterne, semplici, brevemente picciolate, ovato-oblunghe, con nervature in rilievo e ben visibili sulla pagina inferiore, con apice acuminato e margine finemente e doppiamente dentato. Ingialliscono in autunno ma permangono secche sui rami anche per lungo tempo, specie sulle piante di giovane età.
I fiori sono unisessuali, riuniti in infiorescenze (amenti) anch'essi unisessuali e portati sul medesimo individuo (specie monoica). I fiori maschili sono tozzi e penduli, nudi, con 6-12 stami portati singolarmente per ogni brattea. I fiori femminili sono corti, situati poco sotto l'apice dei rami, hanno perigonio e sono portati a coppie su una serie di brattee e bratteole che nel frutto diverranno una brattea triloba, tipica della specie. Fiorisce nel mese di aprile.
Il frutto è un achenio che contiene un seme non alato. La propagazione è anemocora (attraverso il vento).

Ecologia

Da un punto di vista ecologico, la specie può tollerare una certa ombra e necessita di temperature relativamente elevate, è invece esigente per quanto riguarda il suolo. È miglioratrice del terreno ed è dotata di notevole capacità pollonifere.

Nel querco-carpineto collinare, dove si verifica un tempo di permanenza della Farnia più lungo rispetto alle formazioni planiziali, la gestione selvicolturale di queste formazioni prevede l'applicazione delle teorie che si rifanno alla cosiddetta Selvicoltura di qualità.

Usi

Il carpino produce un legno pesante, duro, ma poco duraturo soprattutto se esposto in ambiente umido. Il legno è indifferenziato, di colore bianco-grigio, duro e pesante, con fibratura spesso contorta.  Si spacca molto difficilmente a causa dell'andamento ondulato delle fibre. L'essiccazione è molto difficile a causa del forte ritiro.

Il legno di carpino si tornisce, fora e fresa bene; se viene segato in direzione parallela alle fibre possono formarsi delle crepe. Nel trattamento della superficie non si riscontrano problemi.

Con il carpino si producono oggetti di piccole dimensioni, come birilli, scacchi, raggi di ruote o ingranaggi e componenti di strumenti musicali: viene impiegato nella meccanica dei pianoforti e per bacchette da percussione.

Il legno di carpino ha un elevato potere calorifico ed è utilizzato a fini energetici.

Distribuzione

Il carpino bianco ha una ampia distribuzione nell'Europa centrale con limiti ai Pirenei e al Galles. In Italia si trova con frequenza nell'orizzonte montano fino a 900–1000 m come costituente dei boschi mesofili insieme alle querce caducifoglie e al faggio. In pianura si trova insieme alla Farnia a costituire le foreste planiziali. È presente anche nelle zone più fredde e umide della Pianura Padana. Manca nelle isole. È utilizzato per formare siepi, cedui per produrre legna da ardere, per alberature cittadine e come albero ornamentale in parchi e giardini.

Curiosità

Una leggenda legata all'albero: Astolfo, re dei Longobardi, era solito andare a caccia con il suo fedele falcone tra foreste intricate e umide paludi. Un giorno lanciò il suo falco, ma dopo poco l'animale scomparve nel fitto bosco. Lo cercò in ogni luogo, ma senza successo. Decise, allora, di fare un voto: se lo avesse ritrovato avrebbe fondato una città e una chiesa dedicata alla Madonna. Dopo numerose ricerche lo vide appollaiato sul ramo di albero di carpine. Fu allora che il re decise che avrebbe chiamato la città Carpi, dal nome dell'albero e lì avrebbe costruito la pieve di Santa Maria in Arce, conosciuta come La Sagra.

 

Roverella  - Quercus pubescens

La roverella (Quercus pubescens Willd., 1805), è la specie di quercia più diffusa in Italia, tanto che in molte località è chiamata semplicemente quercia. Appartiene alla famiglia delle Fagaceae.

Descrizione

Resistente all'aridità, e capace di adattarsi anche a climi relativamente freddi. È facilmente riconoscibile d'inverno in quanto mantiene le foglie secche attaccate ai rami a differenza delle altre specie di querce. Il principale carattere diagnostico per identificare la specie è quello di sentire al tatto le foglie o le gemme: sono ricoperte da una fine peluria che si può facilmente apprezzare. La rusticità e plasticità di questa pianta, grazie soprattutto all'enorme vitalità della ceppaia ha permesso alla Roverella, attraverso i secoli, di resistere agli interventi distruttivi dell'uomo.

Portamento

La Roverella è un albero che di rado arriva a raggiungere i 20-25 m di altezza, di aspetto tozzo con chioma ampia, rada e irregolare. Presenta un fusto corto, ramificato a breve altezza in grosse branche è spesso contorto.

Gemme

Le gemme sono grigie, lunghe 8-12 mm, ovali-appuntite e molto pelose.

Corteccia

La corteccia di colore grigio-scura poi nerastra, fessurata sin da giovane in piccole scaglie dure a profilo quadrangolare rilevate e rugose.

Foglie

Le foglie sono tardivamente caduche, alterne molto variabili nella forma e dimensioni; in genere ovato allungate, presentano una lamina cuneata a margine lobato. La pagina fogliare inferiore è densamente pubescente (pelosa), con picciolo fogliare di circa 8-12 mm.

Frutto

Il frutto detto Achenio di forma ovoidale con striature scure allo stato fresco, portato da un peduncolo molto spesso e peloso; cupola emisferica ricoprente la ghianda per 1/3 - 1/2 della sua lunghezza.

Distribuzione e habitat

La Roverella è distribuita nel bacino del Mediterraneo e in tutta Italia, con esclusione delle zone più interne e più elevate. Si trova principalmente nelle località più assolate, nei versanti esposti a sud ad un'altitudine compresa tra il livello del mare e i 1000 m s.l.m. Non ha preferenze per il terreno, potendo vegetare su suoli di diverso tipo, rifuggendo solo da quelli puramente argillosi. Forma boschi puri o misti, d'alto fusto o cedui.

Avversità

Può subire gravi attacchi da parte di alcuni lepidotteri defogliatori, come la Lymantria dispar e la processionaria delle querce.

Usi

È apprezzato ed utilizzato come legno d'ardere, fa parte della categoria delle legne dure, ovvero quei legni che hanno ottimo valore calorifico e lenta combustione. Il legno, anche se simile a quello della Rovere, presenta fibre meno dritte, per cui di più difficile lavorazione, inoltre tende ad imbarcarsi. Le travi che se ne ottengono vengono usate per fare travature, costruzioni navali e una volta traverse ferroviarie. Le ghiande sono dolci e venivano utilizzate non solo per l'alimentazione dei maiali, ma anche, nei periodi di carestia, per fare una specie di pane o piadina di ghianda.

Curiosità

Alcuni esemplari possono raggiungere i 1000 anni. A Tricarico (MT) in località Grottone, vegeta una roverella dell'età stimata di 612 anni che ha un tronco di 6,43 metri di circonferenza e un'altezza di circa 20 metri. È inserita nell'elenco degli "alberi padri", riconosciuti dalla regione Basilicata come monumenti naturali.
Un altro esemplare è la Quercia di Santa Justa alla Melara, situata nell'agro di Lucera. La roverella ha un'età stimata di 900 anni, è alta 30 m e ha una circonferenza del tronco misurato ad un metro da terra di 6,30 m.. Di 750 anni è l'età stimata per la Quercia di Donato, vegetante a Scurcola Marsicana in località Geppetti. La circonferenza del tronco è di circa 6 metri e una altezza di circa 23 metri.

La più grande comunque sembra essere in Sardegna ad Illorai in località "Sa Melabrina" le sue dimensioni sono di metri 8.80 di circonferenza e metri 24 di altezza ed un'età plurimillenaria inserita in un bosco ad evoluzione naturale gestito dall'Ente Foreste della Sardegna.

Generalmente venivano lasciate delle piante di quercia lungo i confini di proprietà così che è possibile in certi casi ricostruire detti confini esaminando la presenza dei grossi esemplari della specie.

Fraxinus ornus

Il Fraxinus ornus è una pianta della famiglia delle Oleaceae, (conosciuto come Orniello o Orno e chiamato volgarmente anche frassino da manna o albero della manna nelle zone di produzione della manna) è un albero o arbusto di 4-8 metri di altezza, spesso ridotto a cespuglio,

Distribuzione

È diffuso nell'Europa meridionale e nell'Asia minore. Il limite settentrionale della specie è l'arco alpino e la valle del Danubio mentre il limite orientale è la Siria e l'Anatolia. In Italia è comunissimo in tutta la penisola, dalla fascia prealpina del Carso, fino ai laghi lombardi; penetra nelle valli principali fino al cuore delle Alpi risalendo le pendici montane fin verso i 600-700 m di altitudine. Nella pianura padana è quasi assente, torna a popolare gli Appennini settentrionali e centrali fino a oltre 1.000 metri di altezza, in particolare sulla costa adriatica. Specie piuttosto termofila e xerofila preferisce le zone di pendio alle vallette ombrose e fresche. In Sicilia si spinge fino ai 1400 m di altitudine. Nelle regioni occidentali diviene progressivamente rara, fino a formare tipi localizzati, di cui non è sicura però la distinzione. Abita preferibilmente boscaglie degradate nell'area submediterranea.

Morfologia

Ha tronco eretto, leggermente tortuoso, con rami opposti ascendenti con corteccia liscia grigiastra, opaca, gemme rossicce tomentose; la chioma ampia è formata da foglie caduche opposte, imparipennate, con 5-9 segmenti (più spesso 7), di cui i laterali misurano 5-10 cm, si presentano ellittici o lanceolati, brevemente picciolati e larghi un terzo della loro lunghezza. Il segmento centrale, invece, si presenta largo circa la metà della sua lunghezza ed è obovato; la faccia superiore è di un bel colore verde, mentre quella inferiore è più chiara e pelosa lungo le nervature. Le infiorescenze sono a forma di pannocchie, generalmente apicali e ascellari; i fiori generalmente ermafroditi e profumati, con un breve pedicello, possiedono un calice campanulato con quattro lacinie lanceolate e diseguali di colore verde-giallognolo; la corolla ha petali bianchi leggermente sfumati di rosa, lineari, di 5-6 mm di lunghezza. Il frutto è una samara oblunga, cuneata alla base, ampiamente alata all'apice, lunga 2-3 cm e con un unico seme compresso di circa un centimetro.

Coltivazione

L'orniello è una specie interessante per la silvicoltura, in quanto può essere considerata una specie pioniera, resistente a condizioni climatiche difficili, adatta quindi al rimboschimento di terreni aridi e siccitosi. Viene coltivato in Sicilia e Calabria per la produzione della manna, in Toscana nei vigneti viene frequentemente utilizzata come sostegno ai filari di vite. Si moltiplica facilmente con la semina.

Usi

Nella silvicoltura per il rimboschimento di suoli poveri, aridi, calcarei o argillosi. • Come pianta ornamentale in parchi e giardini di grandi dimensioni, anche su terreni secchi e poco profondi. • Come pianta officinale e medicinale. • Per l'estrazione di tannini dalla corteccia. • Utilizzando le foglie come foraggio per il bestiame, in zone povere di pascoli. • Per la produzione di legname; il legno di orniello ha il durame bruno chiaro, con anelli ben distinti e provvisti di grossi vasi nella zona primaverile, è elastico e resistente, facilmente lavorabile. Viene utilizzato industrialmente per la produzione di mobilio, per attrezzi vari, per lavori al tornio e come ottimo combustibile.

Proprietà officinali

Le foglie secche e triturate e i frutti posti in infuso in acqua bollente forniscono il tè di frassino. • Le foglie fermentate con acqua e saccarosio servono per preparare bevande alcoliche.

  • Fraxinus ornus
  • Fraxinus ornus
  • orniello ramo giovane con gemme
  • orniello infiorescenze
  • orniello foglie
  • orniello foglie
  • Fraxinus ornus
  • Fraxinus ornus
  • Fraxinus ornus
  • Fraxinus ornus

Robinia pseudoacacia


La Robinia pseudoacacia L. è una pianta della famiglia delle Fabaceae, note anche come Leguminose, originaria dell'America del Nord.
Descrizione
Pianta con portamento arboreo (altezza fino a 25 metri) o arbustivo; spesso ceduato, con forte attività riproduttiva agamica, i polloni spuntano sia dal colletto sia dalle radici.
Corteccia di colore marrone chiaro molto rugosa.
Foglie imparipennate, lunghe fino a 30-35 cm con 11-21 foglioline ovate non dentate lunghe fino a 6 cm con apice esile. Aperte di giorno mentre la notte tendono a sovrapporsi.
Fiori bianchi o crema, lunghi circa 2 cm simili a quelli dei piselli, riuniti in grappoli pendenti. Frutti a forma di baccello prima verdi poi marroni lunghi circa 10 cm, deiscenti a maturità.
Presenza di numerose spine lunghe e solide sui rami più giovani.
Distribuzione
La specie è originaria dell'America del Nord, precisamente della zona degli Appalachi, dove forma boschi puri. Fu importata in Europa nel 1601 da Jean Robin, farmacista e botanico del re di Francia (all'epoca Enrico IV). È ora diffusa in gran parte dell'Europa centrale, dal sud dell'Inghilterra e della Svezia, fino alla Grecia, Spagna e perfino Cipro. Particolarmente diffusa però in Francia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Svizzera, Austria, Ungheria, Italia, Slovenia. Presente anche in Turchia e Israele, nonché in Australia e Nuova Zelanda.
Questa pianta in Europa è ormai ampiamente naturalizzata ma spesso ancora considerata una specie infestante a causa della sua velocità di crescita, soprattutto se ceduata: i ricacci (polloni), che fuoriescono sia dalla ceppaia che dal suo esteso apparato radicale, crescono molto velocemente e soffocano le piante di specie autoctone, soprattutto le querce, in quanto sono caratterizzate da una crescita più lenta. Inoltre, la sua estrema adattabilità la fa trovare a suo agio dai litorali ai 1000 metri di quota delle ombrose valli submontane. La conseguenza è la formazione di boschi con una ridotta varietà di specie arboree. La rapida diffusione di questa specie non è stata contrastata, anzi in passato la robinia è stata spesso diffusa dall'uomo perché molto apprezzata per i suoi numerosi vantaggi.
Oggi la robinia è presente praticamente in tutta Italia, con particolare riferimento al Piemonte (dove i boschi puri e misti di robinia coprono una superficie di circa 85.000 ha) alla Lombardia, al Veneto e alla Toscana (ove si trovano cedui molto produttivi). Viene diffusamente coltivata in piantagioni da legno in vari paesi europei (Ungheria - 270.000 ha; Francia – 100.000 ha) ed extraeuropei (Cina – 1 milione di ha; Corea del Sud –270.000 ha). È diffusa anche in Africa.
Per ridurre la diffusione della robinia all'interno dei boschi nei quali si è insediata, è necessario lasciare invecchiare le piante, in quanto la relativamente modesta longevità della specie determina un deperimento relativamente precoce delle piante. È da evitare il taglio dei polloni in quanto ciò non farebbe che rinvigorire le piante. La soppressione totale della pianta di robinia può avvenire scorticando la prima parte di corteccia della base dell'albero e lasciando che la pianta, nel giro di due mesi, "secchi in piedi". L'interruzione degli scambi linfatici infatti non solo uccide l'apparato aereo ma anche l'apparato radicale determinando l'impossibilità per la pianta di produrre polloni.
Ecologia
La robinia pseudoacacia è una pianta eliofila, che non si rinnova facilmente sotto parziale copertura, trova l’ottimo nei suoli sciolti e ben drenati, anche poveri di nutrienti ed a reazione subacida, mal si adatta ai terreni molto argillosi. In Italia è presente dal livello del mare fino a circa 1000 m di quota nel centro nord e fino a 1600 m nel meridione.
Come tutte le leguminose, è in simbiosi radicale con microrganismi azotofissatori e quindi può arricchire il suolo di azoto. Nel complesso, la robinia è una specie pioniera, che però (almeno al di fuori del suo areale di vegetazione naturale) presenta una limitata longevità (60-70 anni) e quindi nelle zone più fertili è specie transitoria che può essere gradualmente sostituita da altre specie più longeve.
Usi
Molti sono i vantaggi di questa specie.
• Protezione: in Europa questa pianta si è diffusa velocemente e oggi è possibile trovarla ovunque, soprattutto lungo le ferrovie e scarpate, questo perché è una pianta a crescita veloce e con un apparato radicale molto sviluppato, questo permette di rafforzare le scarpate evitando che franino. Essendo inoltre dotata di elevata capacità pollonifera, la sua diffusione viene favorita dal taglio a cui la sottopongono gli agricoltori per ricavarne legname, per questi motivi soppianta facilmente la vegetazione autoctona.
• Ornamentale: per i suoi fiori a grappolo, bianchi e profumati.
• Mellifero: dai suoi fiori le api producono un ottimo miele molto apprezzato perché resta liquido a lungo(infatti il classico miele di acacia è in realtà di R. pseudoacacia)
• Legname: il legno è di colore giallo, ad anelli ben distinti, duro e pesante (p.s. 0,75).
• È inoltre un ottimo combustibile e viene usato per lavori di falegnameria pesante, per puntoni da miniera, per paleria (i tronchi lasciati in acqua per alcuni mesi in autunno e inverno acquisiscono una particolare tenacia), per mobili da esterno e per parquet. In Lombardia risulta essere la specie più tagliata nei boschi.
• Miglioratrice del terreno: come tutte le leguminose è inoltre una pianta che si avvale dei benefici dell'azotofissazione simbiontica.
• I fiori sono commestibili. In particolare nella campagne del Veneto  e del bresciano(dove è anche nota con diversi nomi dialettali: cassia, gazìa, gadhìa,  rubì, ) vengono infatti consumati fritti in pastella dolce e conferiscono alla frittella un profumo soave e un sapore particolarmente squisito. Tuttavia, il resto della pianta (fusti e foglie) contiene una sostanza tossica per l'uomo. La sua tossicità d'altra parte non è universale e alcuni animali se ne cibano. Le capre ne sono ghiotte e ne consumano in quantità senza alcuna conseguenza negativa.

 

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